Nell’antichità i greci usavano due termini diversi per definire il tempo: Chronos, per indicare lo scorrere dei minuti e Kairos, per assegnargli qualità, ovvero l’abilità di fare la cosa giusta al momento opportuno. Il concetto di Chronos è oggi sempre più legato a velocità, produttività ed efficienza. Non siamo più abituati a dare tempo al tempo, non c’è spazio per l’osservazione e per la riflessione. Nel suo lavoro Cronos, Maria Grazia Tata pone l’attenzione sulla necessità di avere un maggiore controllo dell’uso del tempo e suggerisce una diversa misura, non in ore e minuti, ma in trasformazioni. Con pazienza l’artista ha osservato l’evoluzione delle sue opere in nuce, in continua mutazione, secondo il susseguirsi delle stagioni, degli agenti atmosferici che hanno impresso la materia creando una sindone del tempo. Vecchi tessuti di lino e vecchie lenzuola sono lasciati in campagna all’aperto, per un anno, adagiati su lastre di ferro, insieme ad attrezzi agricoli e vari oggetti in disuso. Il ferro, materiale povero ma dal forte richiamo simbolico, nell’antichità considerato di origine meteoritica, testimonia il forte legame tra il cielo e la terra. I teli esposti accolgono elementi naturali, foglie portate dal vento, erba, terra, insetti, rugiada, pioggia, neve, sole, in attesa che, attraverso la ruggine, il tempo lasci segni di memoria e di rinascita.
I lini poi, vengono lavati, trattati e incollati su tele dipinte ora di azzurro, a richiamare il giorno, ora di nero, la notte, e montate su telai lignei.
Maria Grazia Tata interagisce con l’operato della natura e del tempo spostando le stoffe e gli oggetti, aggiungendo così altri elementi di scrittura all’opera. Il lento passare delle notti e dei giorni viene testimoniato dalla materia che, degradandosi, acquista forza e pregio. Ogni prezioso lacerto viene recuperato e composto, con i suoi sfilacci, lacerazioni e buchi, in un collage che restituisce valore anche al più piccolo pezzo; dietro ogni “ferita” del tessuto non c’è sofferenza, ma colore che lascia intravedere un nuovo spazio.
Qualsiasi opera d’arte subisce alterazioni per lo scorrere del tempo, un degrado che indebolisce la materia fino, in alcuni casi, a causarne la perdita.